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La discussione apertasi anche in provincia e sulla stampa a seguito della diffusione dei dati da parte dell’Istat sull’andamento dell’inflazione e dei prezzi a fine luglio e sul relativo comunicato dell’Unione Nazionale Consumatori merita alcune considerazioni anche per avere l’attenzione giusta sulla loro origine oltre che sui problemi che evidenzia.

Ci sono alcuni aspetti importanti, almeno per noi, per discuterne bene, nel merito, anche per non avventurarsi in giudizi approssimativi e impropri:

  • La nota (di 19 pagine) elaborata dall’Istat va, innanzitutto, letta per esteso anche per la conoscenza completa delle modalità della rilevazione effettuata;
    Ad esempio il commento di ISTAT è “…Nel mese di luglio l’inflazione accelera ulteriormente sulla base della spinta dei prezzi dei prodotti Energetici regolamentati (energia elettrica e gas), che si aggiunge a quella dei Beni alimentari. In questa fase si conferma quindi un quadro inflazionistico che vede consolidarsi pressioni sui prezzi di prodotti di uso quotidiano e di largo consumo…”
  • Da gennaio 2018 sono cambiati i sistemi di campionamento da parte dell’Istat nella rilevazione dei punti vendita, in particolare dei prodotti Grocery (beni alimentari confezionati, beni per la cura della casa e della persona) prodotti che hanno una certa incidenza nella valutazione dei prezzi e su cui è fortemente presente la grande distribuzione.  Così come è cambiata la metodologia di rilevazione del ricettivo. Giova ricordare che dalle rilevazioni (che attengono al solo comune di Ravenna) sono escluse tipologie commerciali comunque importanti come ad esempio il commercio su aree pubbliche per non parlare della vendita diretta, come di alcune parti dell’offerta turistica (tralasciamo per oggi il fronte delle attività borderline); Il cambiamento delle rilevazioni (essendo peraltro riferito come campione a pochissime attività) ha in ogni caso una sua incidenza sul risultato finale perché i dati non sono completamente paragonabili con quelli del 2017;
  • La rilevazione o meglio il comunicato dell’ U.N.C. che ci ha portato alla ribalta delle cronache nazionali e locali attiene (anche se non era scritto da quasi nessuna parte) ai dati di luglio 2018 su luglio 2017. Da nostre verifiche e da riscontri effettuati anche con gli uffici competenti a Ravenna, è emerso pure che i dati riportati e commentati dal comunicato dell’Unione Nazionale Consumatori non corrispondono completamente, pur se per qualche decimale di differenza in meno, a quelli ufficiali dell’ISTAT (per cui non saremmo neanche secondi in Italia);
  • Così come giova ricordare e sottolineare visto che è stato ripreso e commentato come uno dei dati del forte aumento dei prezzi e dell’inflazione (quello dei prodotti alimentari e bevande alcoliche) che il 2017, e in particolare quell’estate, è stato l’anno di forte concorrenza (al ribasso) su quella tipologia da parte delle sigle della grande distribuzione, sigle che peraltro detengono una percentuale ampiamente maggioritaria di presenza e di vendita su quei beni. Dalle politiche commerciali deflattive e di scontistica del 2017 (sempre delle grandi strutture) si è registrata ora una risalita che ci riporta all’andamento di altre province. (I dati FOI “città di Ravenna” evidenziano che sempre su quei beni, luglio 2017 registrò un -1,6% rispetto a gennaio 2017 e dicembre 2017 su gennaio 2017 un – 0,2%) Da rilevare inoltre (e non ne ha parlato nessuno) che i dati di luglio 2018 rispetto a quelli di giugno 2018 sui prodotti alimentari e mobili e articoli per la casa segnano una diminuzione (-0,6% e – 0,3%).

Confrontando gli indici di variazione il trend di Ravenna è identico a quello di Bologna, ma inferiore a quello di Rimini, Forlì Cesena e Parma per stare nella nostra regione.

Perché si sparano cifre, spesso improprie e comunque non complete, per conquistare attenzione, colpire una categoria e indurre sfiducia di cui non c’è alcun bisogno?

In ogni caso si evidenzia un dato non nuovo nel carrello della spesa: laddove è presente e maggioritaria la presenza delle piccole e medie imprese (es. abbigliamento e calzature, ma non solo) l’aumento dei prezzi (e dell’inflazione) è al minimo (e tra i più bassi rispetto a quelli regionali e nazionali) cosa che non avviene laddove è più presente la grande distribuzione  nelle sue diverse espressioni; grande distribuzione che non dimentichiamo ha politiche di acquisto ben diverse e più vantaggiose rispetto ai piccoli esercizi nonché alti costi di gestione.

Non sono certo i commercianti in tempi di difficoltà e di debolezza dei consumi interni, peraltro prolungati e nonostante gli aumenti di altri costi (energia, affitti, imposte, altri beni e servizi, etc.) ad aumentare i prezzi che sono stati assorbiti internamente.

Un invito per tutti, in primis per i consumatori, parliamone e discutiamone bene di questi temi e soprattutto come diciamo e proponiamo da tempo, anche partendo da questi dati e andamenti, si facciano le politiche giuste nei confronti del commercio e del turismo, senza dimenticare la situazione logistica particolare del nostro territorio con i suoi condizionamenti negativi, ma anche partendo dal tessuto effettivo e dalla situazione economica e sociale che abbiamo e viviamo.