Il Decreto Dignità è Legge da agosto. Era il primo atto atteso del Governo Conte in tema di economia e lavoro.

Le disposizioni approvate preoccupano le piccole e medie imprese che si aspettavano una diversa virata delle politiche del lavoro e fiscali. E le 5 associazioni (del commercio e dell’artigianato) unite in Rete Imprese Italia si sono fatte sentire anche di fronte alle commissioni parlamentari con un giudizio unanime articolato.

“Questo decreto, motivato da temi di sicuro rilievo, come la lotta alla precarizzazione del lavoro, al contrasto dei processi di delocalizzazione e a semplificare gli adempimenti fiscali a carico di professionisti e imprese, nella sua pratica articolazione ha prodotto l’irrigidimento nell’utilizzo dei contratti a termine, cioè proprio di quei contratti che hanno permesso negli ultimi anni di sostenere la nuova occupazione, l’introduzione dei maggiori vincoli per i beneficiari di aiuti pubblici che rischiano di penalizzare solo le piccole e medie imprese e alcuni parziali alleggerimenti degli adempimenti fiscali. Il precariato non si supera ingessando il mercato del lavoro con norme rigide”.

La valutazione sul decreto è a macchia di leopardo tra qualche luce e novità positiva rispetto al primo testo (superate le causali per i contratti a tempo determinato per le aziende stagionali, voucher per gli alberghi pur con limitazioni discutibili, escluse le banche dall’intermediazione immobiliare, rinvio per la fatturazione elettronica dei benzinai al 1/1/2019) ma anche ombre significative. Ad esempio: perché i voucher che sono uno strumento semplice, tracciato e che aiuta a regolamentare il lavoro occasionale non è stato esteso a tutto il settore turistico (ristoranti, bar, stabilimenti balneari) e al commercio e ai servizi e perché poi solo per 10 giorni e per chi ha al massimo 8 dipendenti?

E soprattutto una domanda: tutto qui per far ripartire consumi ed economia?

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